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Slow Skiing in Japan

Un tuffo nello sci vintage sui monti attorno a Kyoto, immersi in panorami esotici e ritmi antistress

alfredo tradati Scritto il
da Alfredo Tradati

Si pensa al Giappone, a ragione, come paradiso della neve polverosa, del freeride esotico. Non a caso parte da qui, da Hakuba (Prefettura di Nagano) il circuito mondiale di competizioni Freeride World Tour 2019. I migliori atleti internazionali, tra i quali i quotatissimi azzurri Arianna Tricomi e Markus Eder, si daranno battaglia a suon di linee vertiginose, di salti spettacolari, di ritmo e armonia in sintonia con il palcoscenico che li accoglierà. Puro spettacolo.

L'altopiano di Hakodateyama, 600 m. di altitudine
L’altopiano di Hakodateyama, 600 m. di altitudine

Ma noi, questa volta, siamo andati contro corrente. Il Giappone è un luogo sorprendente, che abbina modernità a misticismo, skyline vertiginosi e giardini Zen immersi in un’altra dimensione e anche lo sci non si sottrae a questa regola. Dimenticati i fasti del passato, quando oltre vent’anni fa’ si contavano in circa 18 milioni i praticanti sciatori sulle isole del Sol Lavante (oggi ne sono rimasti “solo8), a fianco delle numerose stazioni invernali di alto livello, tutte situate sull’isola di Honshu, nell’area di Nagano (Olimpiadi 1998) e, più a nord, in Hokkaido attorno a Sapporo (Olimpiadi 1972), in Giappone sono sorte dal 1956 ad oggi oltre 500 aree sciistiche di piccola e media dimensione. In pratica, ogni giapponese può disporre di una stazione nel raggio di 2 ore di trasporto (perlopiù treno), da casa sua. Un potenziale davvero notevole.

La crisi economica che dal 1990 ha investito il paese (e lascia strascichi anche oggi), unita ad un indubbio calo di interesse per la “novità” sci da parte dei giovani, ha portato al ridimensionamento attuale del movimento e non sono pochi gli impianti di risalita, e i centri “indoor” che ne hanno fatto le spese, chiudendo. Ma la passione resta intatta e, se la stagione è generosa in fatto di neve (quella mitica polvere generata dall’influsso dei mari circostanti), i flussi di sciatori che dai centri urbani si riversano sulle piste sono ancora copiosi.

La stazione di Omi-Imazu, della linea Kosei della metropolitana di Kyoto
La stazione di Omi-Imazu, della linea Kosei della metropolitana di Kyoto
Esperienza sostenibile

Jessica ed io siamo arrivati in Giappone senza attrezzature da sci. Una scelta consapevole. Volevamo sperimentare la possibilità di vivere un viaggio “turistico”, di conoscenza del Paese, dandoci però la possibilità di uscite giornaliere sui campi da sci, i più vicini alla città e facilmente raggiungibili. Ci siamo messi nei panni degli sciatori locali, che vivono e lavorano negli affollati centri urbani e che, con poco tempo a disposizione nel week end, non vogliono rinunciare a qualche bella curva con sci o tavola, da soli o in famiglia.

Niente di più facile. Abbiamo scelto la nostra meta a caso, navigando a intuito nei siti di riferimento, quasi esclusivamente in lingua locale (!), fino a trovare la stazione che faceva al caso nostro: Hakodateyama, 60 chilometri dal centro di Kyoto, 1 gondola, 6 seggiovie biposto, il noleggio sci e scarponi, bar e ristorante e… 60 centimetri di neve nuova.  Partenza da Kyoto Station alle ore 8,41 con la linea Kosei della metropolitana, per raggiungere dopo 50 minuti la cittadina di Omi-Imazu, sul lago Biwa (il più vasto del Giappone, circa il doppio del Lago di Garda). Da qui in poco più di 20 minuti un piccolo bus guidato da un gentilissimo autista, che ci ha aiutato a cambiare denaro presso la stazione, ci ha depositato alla stazione a valle della gondola. Un viaggio comodissimo, veloce e molto panoramico, sviluppatosi per buona parte lungo la riva del lago, con le montagne sulla sinistra.

Verso le piste di Hakodateyama in gondola
Verso le piste di Hakodateyama in gondola
Tuffo nel passato

Per me, che di chilometri di pista ne ho messi sotto agli sci in tanti anni di attività, è stato come tornare bambino, quando da Milano si andava in Valsassina o nella bergamasca per affrontare le prime discese con mezzi di fortuna, utilizzando impianti di risalita improbabili, armati semplicemente della voglia di scivolare sulla neve il più presto possibile. Qui le cose sono un po’ diverse, l’impianto che porta a monte ha i suoi anni ma è di gran marca (l’elvetica CWA) ed efficiente, ma la sensazione è quella di un luogo naturale, tranquillo, “lento“. Durante la risalita scorgiamo due cerbiatti che cercano cibo nella neve proprio sotto la linea di salita, senza alcuna paura. Otto minuti e siamo arrivati e appena usciti dalla stazione ci troviamo di fronte un piccolo ma grazioso altipiano di neve e pochi alberi, con allineate 5 seggiovie biposto che servono altrettante brevi piste a prima vista di pendenza media. Nascosto sulla sinistra scopriremo successivamente l’impianto più interessante che serve la pista più lunga del comprensorio, un chilometro o poco più.

Jessica, a sinistra, mi accompagna nel reportage giapponese
Jessica, a sinistra, mi accompagna nel reportage giapponese
Noleggio epico

L’esperienza vissuta nel rental shop locale merita di essere raccontata. Su queste pagine trovate spesso articoli che trattano il noleggio sci in Italia, un servizio che è molto cresciuto e che, oggi, vanta realtà di altissimo livello, per competenza, prodotti e accoglienza, come Rentandgo. Scordate tutto questo. Il locale è spoglio, usurato (si vede che è molto frequentato, nessuna concessione al look), ma razionale: un corridoio, si entra da un lato per registrarsi (non sono richiesti dati per la regolazione attacchi!), si passa avanti per ritirare gli scarponi (chiedono solo il numero, non si sceglie il modello), si va oltre per gli sci, e qui viene il bello! L’addetto non parla altro che giapponese. A gesti gli faccio capire che abbiamo bisogno di due paia di sci “buoni”. Lui fa un cenno di assenso, va nel retro e dopo pochi secondi torna con qualcosa che non vedevo da parecchi decenni: una soletta nera ormai opacizzata e “pelosa”, costellata da righe, fori, solchi e lamine simili a seghe da legno, arrugginite e staccate in più punti dalla soletta stessa. Sono allibito e senza accorgermi (me lo farà notare poi Jessica) attacco a spiegare in inglese al tipo che mi serve che con questi sci non si può sciare, che non è possibile che diano fuori attrezzi del genere, e così via… Lui mi guarda ancor più stupito di me, come a dire: beh, che c’è di strano? Insisto e, alla fine, lo costringo a tornare nel retro e trovare un’alternativa. E la trova, in effetti. Ci consegna due Rossignol di medio livello, della serie Pursuit di qualche stagione fa’. in buono stato, niente sciolina, ma almeno la soletta appare regolare e le lamine continue. L’abbiamo scampata bella!

Primi giri sulle piste di Hakodateyama
Primi giri sulle piste di Hakodateyama
Finalmente in pista

La neve è buona, compatta a tratti soffice, lo strato superiore appena caduto. Non fa freddo ma il manto tiene. Breve risalita sulla prima seggiovia e poi giù, a divorare in pochi secondi la nostra prima pista giapponese. Sempre bello tornare sulla neve, in ogni parte del mondo e con ogni tipo di attrezzatura. Inizia così una mattinata frenetica che ci vede impegnati com due criceti e risalire e scendere decine di volte per mettere insieme qualche dignitoso chilometro di pista. Gli spunti tecnici non mancano, sui brevi tratti più ripidi dove si riesce a “sentire” lo sci e ottenerne una risposta adeguata. Su e giù fino alle 14. Frattanto il cielo da terso è passato a grigio, con nuvolaglie che scoprono a tratti il grande lago Biwa ai piedi della montagna. Fa strano scendere in pista e sullo sfondo vedere dell’acqua, anziché altra neve.

Il completo tecnico Hyra Universal Evolution, divisa ufficiale del Tester Team di Outdoortest
Il completo tecnico Hyra Universal Evolution, divisa ufficiale del Tester Team di Outdoortest
Hyra, la nuova divisa ufficiale di Outdoortest

Per battezzare la nuova fornitura di completi da sci del marchio italiano Hyra, da sempre fornitore ufficiale del Tester Team Outdoortest, abbiamo pensato a questa trasferta giapponese. Il completo che indosso nelle immagini fa parte della linea Universal Evolution, giacca e pantaloni 100% Polyestere con elasticità a 2 vie, WP 10.000 mm. colonna d’acqua (impermeabilità), MVP 5000/Sqm/24h (traspirabilità), imbottitura Sorona Dupont 100% Polyestere (120 gr. corpo/100 gr. maniche/80 gr. cappuccio). Ottima vestibilità, immediata e in azione. La giacca segue perfettamente i movimenti del busto in ogni loro ampiezza. Le maniche preformate comunicano una piacevole sensazione di aderenza e assecondano perfettamente ogni gesto. Tasche, chiusure e dettagli tecnici si dimostrano estremamente efficaci e pratici. Ho molto apprezzato il pesogiusto” dei capi, intermedio, che tiene adeguatamente in conto il surriscaldamento corporeo durante un’azione sufficientemente atletica, assicurando una termicità sempre adeguata alle condizioni climatiche esterne e interne. Conosco da tempo la qualità dei prodotti Hyra ed ero preparato a nient’altro di meno di quanto abbia testato, ma con un valore aggiunto in fatto di “fit“, più in sintonia con il corpo e dall’ingombro “visivo” ridotto. Complimenti a Marcello e Elisabetta Tonello, gli artefici del progetto.

A sinistra Jessica alle prese con un piatto di Udon; a destra, il Ramen
A sinistra Jessica alle prese con un piatto di Udon; a destra, il Ramen
Sosta gastronomica

Con il cibo in Giappone non sei mai tranquillo. Va detto che in generale è buono, leggero e genuino. Sul gusto, talvolta c’è da rimanere sorpresi, più che per eccesso di sapore, per la sua quasi totale assenza. Jessica, forte della sua pluriennale esperienza asiatica, punta decisa su una tazza di Udon (spaghettoni di grano duro in brodo) che mangia avidamente (vedi foto) con le apposite bacchette e il tipico “risucchio” giapponese. Io scelgo un piatto di Ramen, altro piatto tipico locale, con brodo, pasta, verdura e carne (vedo foto), molto saporito e soddisfacente.

Il pontile di Omi-Imazu, sul lago Biwa, dove partono i battelli per l'isola di Chikubu
Il pontile di Omi-Imazu, sul lago Biwa, dove partono i battelli per l’isola di Chikubu
Epilogo

Ridendo e scherzando solo le 15, siamo anche un po’ stanchi, le gambe, nonostante tutto si sentono. Non ci resta che riconsegnare sci e scarponi che, alla fine, hanno fatto il loro dovere, e tornare a valle con la Gondola. A pochi metri dall’arrivo vediamo sfuggirci per un pelo il bus per la stazione (partenza ogni ora, ma noi non ci siamo informati preventivamente…). Pazienza, ad attenderci c’è un taxi appositamente predisposto per gli sprovveduti turisti occidentali (gli unici) come noi. Il prezzo tutto sommato è modico e in 20 minuti siamo a destinazione, in tempo per fare un salto in riva al lago ed osservare da lontano la misteriosa isola di Chikubu, meta di pellegrinaggi da oltre un millennio. Il treno ci riporta a Kyoto Station per le 17,30, pronti per un passaggio in hotel prima di affrontare la serata in qualche ristorante tradizionale del quartiere Giom.


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