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Denis Urubko: passione e talento fuori dal normale

Come nasce la passione per la montagna e obiettivi futuri

Letizia Scritto il
da Letizia Ortalli

Denis Urubko ph. Kayland

Abbiamo incontrato Denis Urubko da Kayland, non appena tornato dalla recente spedizione in Patagonia. Non abbiamo potuto tenere a freno la nostra voglia di intervistarlo e scoprire qualche cosa di più “dell’ uomo degli 8000”.

Nato in Russia nel 1973, una vita da alpinista, Denis Urubko vede nascere la sua passione in tenera età dai genitori e la approfondisce grazie al club alpino di Vladivostok, una delle provincie più a nord est della Russia. 

La scuola alpina portava onore alle realizzazioni che avevano fatto la storia dell’alpinismo sovietico; venivano utilizzati severi metodi di allenamento e selezione in cui solo i migliori avevano la possibilità di partecipare alle spedizioni più importanti. Urubko inizia qui a muovere i primi passi e grazie alla sua tenacia ed un talento “fuori dal normale” decide di proseguire la carriera alpinistica.

Successivamente Denis Urubko si trasferisce in Kazakistan, per entrare a far parte del gruppo sportivo, una nuova vita che non sarà facile all’inizio, con pochi soldi in tasca e la sola voglia di scalare.

Poi l’incontro con Simone Moro che lo porta a conoscere un nuovo mondo al di fuori degli standard di pensiero del gruppo militare, nuovi orizzonti, un nuovo stile e nuovi limiti.

Com’e stato far parte di un gruppo sportivo? Ti ha aiutato nella tua vita da alpinista?

Assolutamente si, per me è stata una grandissima possibilità. In quel periodo, con l’unione sovietica, il sistema era molto militarizzato. I miei istruttori erano un buon esempio e mi davano una grandissima motivazione per cercare di fare sempre di più, mi hanno insegnato molto, anche per ciò che riguarda gli allenamenti.

Essere in un gruppo sportivo non dev’essere stata cosa per molti, c’era competizione al suo interno?

C’era supporto, ma la scelta finale spettava sempre a noi. La maggior parte dei miei colleghi si limitava a fare qualche ascensione, io ho sempre preferito cercare di fare qualcosa di più difficile, di più “estremo” se così vogliamo chiamarlo, questo era ciò che mi risultava più interessante.

A partire dall’allenamento, quando era finalizzato a questo tipo di progetti, mi veniva più facile e non mi pesava. Credo che questa ambizione a raggiungere obiettivi sempre più difficili mi abbia dato una migliore visione e sensibilità della vita.

La passione per la montagna nasce da molto lontano, ma come è diventata una professione?

La montagna è nata come una passione personale, mi ci sono voluti 10-15 anni per farla diventare una professione.

I primi anni, è stato davvero difficile essere un alpinista, ai tempi non c’erano tanti sponsor e partivamo spesso con il minimo indispensabile, mangiavamo poco, ma a noi piaceva scalare e ci andava bene così. 

Dopo 15 anni le cose sono cambiate, e ho iniziato a ricevere i primi sponsor, i primi contributi da CAMP e La Sportiva, Acerbis ed ora Kayland che mi hanno dato la possibilità di realizzare le spedizioni che volevo.

E’ stato un processo lungo, fatto di tante esperienze e sacrificio ma assolutamente posso affermare, che ne è valso davvero la pena.

Ho salito tutti i 14 ottomila per 21 volte, ma la cosa che più ci tengo a ricordare è che ho aperto quattro vie nuove  in stile alpino sugli ottomila e fatto delle ascensioni in velocità.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

Tanti, sorride. 

Le idee nascono quando lo sguardo si posa su una montagna, quando inizio a disegnare nella mia mente una possibile linea di salita. Poi succede come quando si corteggia una donna, il pensiero è sempre nella mente, ma la cosa più importante sono una serie di coincidenze che devono far si che l’incontro accada. Ed è così che si realizza un sogno.

Ho traslocato tante volte negli ultimi anni e finalmente sono in un buon periodo della mia vita in cui sono riuscito a trovare un certo equilibrio che mi permette di pensare di fare salite più interessanti. Anche se mi rendo conto che il tempo passa e il mio fisico fa più fatica a stare ai ritmi di un tempo, forse sulle salite tecniche potrei fare meglio adesso.

Lo sviluppo dei materiali è un altro punto importante, attrezzature sempre più tecniche e leggere ci permettono di trovare nuove soluzioni di salita in montagna che prima erano impensabili. Siamo davvero un passo avanti rispetto a quando ho iniziato.

Tra le tante idee mi piacerebbe tornare in Pakistan e provare ad aprire una nuova salita sul Gasherbrum 2 in stile alpino. Come dicevo mi piace cambiare stile e visto che adesso vivo vicino alle Alpi mi piacerebbe provare qualcosa di tecnico qui, come l’ Eiger o le Grand Jorasses più vicino a casa.

Com’è nata la collaborazione con Kayland?

Tutto è nato in maniera molto leggera, come piace a me. Sono un team giovane e con molto entusiasmo, siamo entrati subito in sintonia. Sono in corso importanti sviluppi di scarponi d’alta quota, ed io cerco di portare la mia esperienza in questo campo.

A livello di calzature, con Kayland Apex Plus è stato amore a prima vista, la trovo una vera e propria “scarpa per danzare sulla montagna” si adatta perfettamente al mio piede.

Per il tempo libero e gli allenamenti più semplici uso la Kayland Gravity, che è stata mia fedele compagna anche negli avvicinamenti nella recente spedizione in Patagonia, con il mio piede a pianta larga questa calzatura è perfetta!

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